Eroi del rischio, la seconda pelle che salva la vita

Con Dovizioso scopriamo accessori e materiali dei piloti per la sicurezza in corsa, dalla tuta ai... cerotti. Domina il made in italy

 
I cavalieri moderni si nascondono sotto i propri colori. Un po’ per «impressionare» l’avversario, un po’ per sconfiggere le proprie paure, mentre in sella a cavalli di carbonio, alluminio e leghe leggere, ingaggiano duelli a 300 all’ora. In palio non c’è la vita del rivale, la conquista del suo stendardo o territorio, ma l’onore di essere il più veloce, il più temerario, il più spettacolare nella guida al limite. Al posto dell’elmo d’acciaio e dell’armatura dei cavalieri medievali, quelli moderni indossano caschi di carbonio e tute di pelle rinforzate nei punti strategici, per muoversi con l’agilità di un gatto nei cambi di direzione, ma soprattutto proteggersi quando è la moto ad avere la meglio scalciando il suo fantino verso il cielo prima che ripiombi pesantemente al suolo. Cadute che costringerebbero noi normali a giorni di immobilità e dolore, mentre loro, elastici come il Tiramolla disegnato negli Anni ’50 da Giorgio Rebuffi, dopo pochi minuti sono pronti a tornare in pista.
VESTIZIONE — Merito, questo, di una tecnologia che negli anni ha permesso la realizzazione di materiali in grado di resistere, proteggere e salvare la vita anche negli urti più violenti. L’Italia, in questo, domina. I più grandi «sarti» sono concentrati nel Veneto: Alpinestars, Dainese, Spidi, Spyke creano a pochi km una dall’altra. Andrea Dovizioso, uno dei 23 cavalieri della MotoGP, ci ha fatto entrare nel suo «ufficio» nel camion Ducati, per mostrarci la vestizione di un pilota.
 
SOTTOTUTA — In lycra elastica, mantiene il calore del corpo, dissipa la sudorazione e favorisce la respirazione della pelle, così come, grazie a nano-elementi, una migliore circolazione del sangue.
 
TUTA — Quella Alpinestars di Dovi è realizzata in pelle di canguro, con pelle elasticizzata nell’area delle giunture per agevolare i movimenti. I loghi degli sponsor sono stampati per ridurre il peso e migliorare l’agilità. L’area della gobba oltre a una sacca per bere (300 ml), contiene l’airbag che gonfiandosi in pochi millisecondi protegge schiena, spalle, petto e zona dei reni. Inoltre, le aree più critiche al momento del primo impatto, spalle, gomito e ginocchia, sono rinforzate con protezioni esterne (Dynamic Friction Shield) realizzate con polimeri di differenti densità per resistere alle abrasioni e favorire lo scivolamento. Il peso della tuta è sui 4 chili, dei quali 600 dell’airbag.
 
PROTEZIONI — Sotto la tuta va agganciato il paraschiena, conchiglia di struttura rigida ma flessibile, con all’interno un gel che assorbe e disperde l’energia in caso di caduta. Sul davanti, invece, prima di scendere in pista il pilota inserisce una protezione più morbida per il petto.
 
STIVALE — «Una pantofola» lo definisce Dovi, è doppio: quello esterno è in microfibra e protezioni in polimeri per proteggere l’area della caviglia, del tallone e assorbire gli urti. Ai lati del piede, degli slider favoriscono lo scivolamento. Lo stivaletto interno, invece, presenta barre anti torsione che proteggono la caviglia sia in caso di rotazione che estensione.
 
GUANTI — Sono realizzati con pelle di canguro (la parte superiore) e capra (il palmo), con conchiglie di protezione a livello di nocche, polso e dita. Dito anulare e mignolo sono attaccati tra loro. Sotto la pelle uno strato di kevlar riduce i danni causati dall’abrasione dell’asfalto. Per proteggere le mani dalle piaghe, dopo averle lavate con sapone sgrassante («Per fare aderire i cerotti le cialde usate del caffè sono perfette, creano una patina collosa»), Andrea le protegge con strati di cerotti, fasce e nastro.
 
CASCO — Quello di Dovi è il modello SR Sport della Suomy in tricomposito (fibre di vetro, carbonio e kevlar), e pesa 1200 grammi. La visiera è termoformata, più elastica, leggera e resistente di quelle in plastica iniettata. Ed è una volta calato in testa l’elmo che il cavaliere moderno sale in sella e va a caccia di gloria.
 

Raggiungere milioni di persone 
non è mai stato così semplice

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